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Trattare l’aria e l’ambiente dello studio attraverso l’ozono: cosa dice la letteratura
Il prof. Montevecchi indica come la letteratura scientifica tratta soluzioni per prevenire il problema “droplet” e per trattare l’aria nello studio odontoiatrico attraverso l’ozono
Il prof. Montevecchi indica come la letteratura scientifica tratta soluzioni per prevenire il problema “droplet” e per trattare l’aria nello studio odontoiatrico attraverso l’ozono
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Ai dentisti, igienisti,
ASO ed odontotecnici sarà possibile lavorare come prima
dell’emergenza? Forse, mai come prima, tutto il team odontoiatrico
è chiamato a doversi interrogare collettivamente sul futuro della
professione e sulle criticità di ogni specifica mansione, e lo sta
facendo.
In queste settimane di
sospensione abbiamo imparato a gestire le urgenze ed emergenze
seguendo tutte le precauzioni indicateci, con una rinnovata
consapevolezza del rischio infettivo legato alla nostra professione.
Già da tempo sappiamo come la nostra professione comporti il
confronto con microrganismi potenzialmente patogeni, presenti in
sangue e secrezioni orali, trasmissibili con le pratiche
odontoiatriche.
E’ probabilmente dagli
anni 80, con la diffusione dell’infezione d’HIV, che abbiamo
imparato a fare nostre quelle "precauzioni universali"
utili a prevenire la trasmissione dei patogeni. E come fu a suo
tempo, anche in questo caso siamo di fronte ad una patologia
infettiva con confini ancora non pienamente definiti e che lasciano
forti incertezze. Con alta probabilità, in un futuro più o meno
prossimo potremo confidare in nuove conoscenze, nello sviluppo di
vaccini e/o terapie farmacologiche efficaci. Da quel giorno tutto
ritornerà con buona probabilità alla normalità di un tempo. Ma per
ora, l’immediato futuro presenta purtroppo ancora molte incognite.
Al nostro rientro non ci
sarà un rassicurante “punto zero” da cui ripartire, come dopo
una tempesta distruttiva. Questo nemico sarà ancora lì con tutta la
sua sfuggente ed impalpabile presenza. Dovremo quindi continuare a
cavalcare l’onda del dubbio, senza sapere esattamente quando finirà
il rischio di contagio.
Come ci siamo
organizzarci.
Probabilmente non sarà
possibile evitare d’emblée il trattamento a pazienti con segni
clinici tutto sommato aspecifici, ma comunque potenzialmente
associabili al Covid-19. Dobbiamo quindi inevitabilmente gestire
tutti i pazienti come possibili portatori asintomatici o
paucisintomatici. Dovremo saperci confrontare con questo nuovo
nemico invisibile la cui presenza non è ai nostri occhi
individuabile nel paziente. Prescindendo dalle considerazioni legate
alle non facili modifiche dell’operatività clinica, nonché alla
complessa gestione dei DPI che ne deriverà, vorrei focalizzare
l’attenzione sulla qualità dell’aria e le interessanti
possibilità che ci si offrono.
Più attenzione al
“droplet”
Crescenti evidenze stanno
mostrando come il coronavirus SARS-CoV-2 abbia la capacità di
circolare e permanere nell'aria. Fino ad oggi si riteneva che il
metodo principale di trasmissione fosse attraverso il cosiddetto
“droplet”, le goccioline espulse dalla bocca quando si tossisce,
starnutisce e parla. Dai nuovi risultati, che andranno comunque
confermati da ulteriori e più approfonditi studi, il virus potrebbe
essere trasmesso attraverso l'aerosol, che resta in aria molto più a
lungo rispetto alle microscopiche goccioline. Il nostro obbiettivo
primario è ridurre la nebulizzazione extraorale, utilizzando
costantemente una doppia aspirazione, rinunciando o limitando al
massimo gli strumenti con alta capacità nebulizzante, utilizzando il
più possibile la diga di gomma ed arieggiando tra un paziente e
l’ambiente lavorativo.
La qualità dell’aria
dei nostri ambienti, specie a fine giornata lavorativa, è quindi
inevitabilmente più che scadente e dovremo pensare, anche ad un
ricambio tra un paziente e l’altro. Esistono già da alcuni anni
unità per la purificazione dell’aria e degli ambienti basate
sulla liberazione d’ozono (O3).
Questo gas naturale,
costituito da tre atomi di ossigeno, è caratterizzato da una
elevatissima capacità ossidante. Alla nostra pressione atmosferica è
estremamente instabile e una volta avuta la reazione con un
substrato, si trasforma in ossigeno puro. Anche la produzione è un
processo molto semplice poiché basta una carica elettrica in
presenza di ossigeno per dare origine a O3. La forza ossidativa, il
rilascio d’ossigeno puro ed il basso costo di produzione rendono
tale sostanza estremante interessante.
Chiare evidenze hanno
dimostrato la sua ottima capacità battericida. Ugualmente, i
virus risultano incapaci di resistere al suo danno ossidativo e tra
questi anche i coronavirus. Altro aspetto molto interessante è
la totale assenza di forme di resistenza. Ne consegue che qualsiasi
microrganismo disperso in un ambiente, se raggiungibile dall’O3 per
il tempo dovuto ed alla concentrazione efficace, viene
inesorabilmente distrutto.
Aspetto ulteriormente
interessante è la maggiore resistenza delle cellule eucariote (le
nostre cellule) al danno ossidativo. Questo aspetto ha permesso
d’identificare delle soglie entro le quali il nostro organismo sia
capace di vivere senza subirne danni. E’ sulla base di questi
principi che sono state sviluppate delle unità specifiche per la
purificazione dell’aria e la sanificazione degli ambienti. Il
nostro studio si è attrezzato con erogatori di O3 a bassa e ad
elevata concentrazione. Il primo, data l’assenza di pericolosità
per le vie respiratorie, verrà utilizzato nello studio durante
l’attività operativa, così da contenere la contaminazione
microbica. Il secondo, data l’elevata tossicità, sarà invece
essere impiegato per una profonda sanificazione dell’ambiente
durante le ore di sospensione dell’attività operativa.
Questa forma di
sanificazione, in particolare, risulta molto interessante. Se infatti
l’aria tende spontaneamente a migliorare dopo poche ore per
naturali fenomeni di precipitazione, sappiamo da recenti studi che su
alcune superfici quali ad esempio acciaio e plastica, materiali
altamente rappresentati negli studi dentistici, la permanenza del
virus ivi depositatosi va ben oltre le 24 ore. Nonostante l'impegno
costante nella pulizia delle nostre assistenti, non è tecnicamente
possibile pensare di poter sanificare con le consuete procedure tutte
le superfici dello studio, l’utilizzo di un gas attivo che si
diffonde per tutti gli ambienti costituisce una formidabile
prospettiva. Alcune evidenze scientifiche mostrano con chiarezza che
a specifiche concentrazioni, con elevata temperatura (>22°C) e
per un adeguato tempo d’esposizione tale forma di sanificazione è
da ritenersi molto efficace. Si può ritenere che sulla base delle
attuali conoscenze l’applicazione di tali unità negli studi
dentistici costituisce un ausilio rilevante nel contrastare la
diffusione di tale patologia.
A cura di: prof. Marco
Montevecchi, DDS-Msc-PhD-Researcher, Clinica Odontoiatrica -
Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie - Università di
Bologna